[expand title=”Open” swaptitle=”Close”][schema type=”review” url=”https://www.coplanet.it/” name=”The Legend of Zelda: A Link Between Worlds” description=”Un nuovo Zelda fresco fresco dal passato” rev_name=”The Legend of Zelda: A Link Between Worlds” author=”Simone “nuggets619″ Lenotti” pubdate=”2013-12-04″ user_review=”4.5″ min_review=”1″ max_review=”5″ ][/expand]
Un nuovo Zelda fresco fresco dal passato.
Ognuno ha i propri molteplici perchè che motivano la scelta di approcciarsi e mandare avanti la propria passione per i videogiochi. E non credo che ci sia boccone più amaro di un mercato che trascura sempre più uno di essi, specialmente se si tratta di quello per te più importante di tutti. Sto parlando del vero senso dell’avventura, di quella capacità di catapultarti in un mondo nuovo, libero di essere esplorato e con il fascino dell’ignoto che ti permette di sorprenderti delle scoperte che fai. Oggi che succede? Che nella stragrande maggioranza dei casi sia il videogioco stesso a doverti guidare, ormai quasi ce lo si aspetta, e personalmente penso che si possa dare molto molto di più in termini di libertà d’azione.
Capita poi che Nintendo se ne esca con il nuovo Zelda, che trovi ciò che cerchi e che spesso non trovi mai. E cosa ancor più interessante è il fatto che A Link Between Worlds riesuma concetti e meccaniche del passato, quando (datemi pure del nostalgico) la pagnotta te la sudavi di più. Ora la domanda è: il vecchio e il nuovo, mix vincente? Domanda inutile, visto che da come ne ho parlato fino ad ora dovreste già aver capito la risposta. Ciò che manca è la tesi che sostenga l’ipotesi.
Come detto, il nuovo Zelda fa in gran parte affidamento su vecchie meccaniche, in particolare su quelle di A Link To The Past. Basta anche un semplice sguardo alla mappa di gioco, praticamente uguale, per rievocare il Link pixelloso che fece capolino su SNES. E poi sono visuale di gioco e sistema di controllo, tornato alle potenzialità della croce direzionale (stick analogico in questo caso) dopo gli ottimi capitoli via touch screen su DS, a completare la foto ricordo di A Link To The Past.
Si torna alla vecchia Hyrule quindi, verde e rigogliosa, nella quale Yuga, la malvagia creatura di turno, cerca di risvegliare Ganon imprigionando i sette saggi del regno. E, manco a dirlo, voi dal berretto verde dovrete cercare di fermare Yuga e recuperare i saggi, a costo di mettere il naso in ogni angolo di Hyrule… e di Lorule. Si, perchè come suggerisce il titolo, Link si muoverà tra due mondi, il secondo dei quali (Lorule appunto) rappresenta l’altra faccia della medaglia, dove il male ha avuto il sopravvento e dove gli abitanti non vedono un futuro.
Una trama che nel corso del gioco non accenna a molto altro, facendosi da parte per lasciare spazio a quella libertà d’azione di cui si parlava prima. C’è poco da fare, è da anni che si cerca l’equilibrio perfetto tra questi due fattori, ossia il modo per assicurare una componente narrativa eccezionale affiancata da un gameplay con meno vincoli possibili, ma a quanto pare la svolta non sembra arrivare. Sono come due piatti della stessa bilancia, se la trama sale, il gameplay scende, e viceversa. E con questo limite difficile da superare, non c’è che da essere contenti della scelta di aprire il gameplay alla libertà sacrificando la trama di gioco.
Dopo i primi frangenti di gioco, forzatamente guidati per familiarizzare con la formula di gioco, A Link Between Worlds vi lascia in mezzo all’erba, con due mondi a disposizione per arrivare al compimento dell’avventura. Qualche limite per la verità esiste, ma a fin di bene, visto che occorrerà setacciare la mappa di gioco in lungo e in largo. Per esempio sarà necessario procurarsi le pinne per poter nuotare o i guanti per sollevare i massi più pesanti, e perfino una side quest di ricerca può diventare molto utile per potenziare gli strumenti.
Anche in questo caso Nintendo cerca di lasciare il minor numero di limiti, mettendo a disposizione fin da subito tutti gli strumenti necessari all’esplorazione dei dungeon. La bottega di Lavio, offre inizialmente la possibilità di noleggiare gli strumenti a prezzo contenuto, per poi acquistarli più in seguito in cambio di un esborso di rupie consistente, ma in fin dei conti fin troppo contenuto vista la facilità di raccolta delle stesse.
Ad ogni modo, gli strumenti non serviranno praticamente mai tutti insieme, perchè il nuovo Zelda porta avanti la tradizione di dedicare ogni dungeon ad uno strumento in particolare. Ciò che rimane dell’inventario viene comunque d’aiuto, facilitando sicuramente gli scontri con i nemici, mentre il resto degli enigmi sfrutta la nuova feature che permette a Link di sfruttare i muri. Usata sia fuori (ad esempio per passare da un mondo all’altro) sia all’interno dei dungeon, questa caratteristica non fa altro che ampliare le possibilità e la diversità degli enigmi, già ampiamente garantita anche solo con i molti strumenti utilizzabili. Il design dei dungeon e degli ambienti di gioco ne risulta decisamente arricchito, con i due mondi che offrono enigmi di difficoltà sempre adeguata alla situazione.
Hyrule e Lorule si dimostrano quindi di un livello qualitativo impressionante, supportato da una veste grafica che come per i capitoli per DS offre una visione quasi fiabesca, arricchita da un 3D che fa il suo egregio dovere anche grazie alla visuale di gioco sopra la testa di Link, approfittandone ulteriormente all’interno dei dungeon dove i vari piani si distinguono ancora meglio con lo slide del 3DS attivo. Di sicuro non siamo davanti alla perfezione sotto il punto di vista dei dettagli, almeno tecnicamente parlando, ma comunque il nuovo Zelda si difende bene. E nel complesso, con il livello altissimo delle musiche orchestrali che accompagnano l’avventura, si raggiunge un contorno di prima qualità.
A Link Between Worlds è tante cose. È la coesione di quest’epoca videoludica, dalla quale arrivano soprattutto le prestazioni tecniche, e di quella passata, da cui riprende un gameplay che si rivela essere fresco nonostante il passare del tempo. È uno degli esempi più calzanti di libertà in un videogioco, dove l’esplorazione paga e appaga. È qualità di design, mai banale, ma sempre equilibrato e con ampio spettro di possibilità. È semplicemente fantastico.
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- Libertà di gameplay eccezionale
- Dungeon ben realizzati
- 3D funzionale
- Colonna sonora di grande livello
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- Trama poco incisiva
- Dettagli grafici migliorabili
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